Historia de un amor


E arrivò anche un anniversario epico…

Facemmo un anniversario dei 50 anni del 15° che è rimasto epico, con la città di Roma paralizzata ma entusiasta della festa. Fucci & Felli Srl, furono incaricati di offrire una rosa con distintivo alle signore; si diressero entrambi vero il Capo di SMA, stavo per svenire, il Gen. Cottone ci avrebbe fucilati; meno male che si corressero con una rapida virata: fu un successo enorme, in Aeronautica non si parlava d’altro.
Insomma ci siamo fatti le ossa, lavorando con una motivazione che tutti condividevamo, un obiettivo comune: lavorare, crescere e stare bene insieme, un triangolo perfetto, direbbe un noto studioso di relazioni umane, un tale Stainback: amore, passione e comune progettualità.

C’era una caratteristica però che saltava agli occhi subito: tutti quelli che venivano assegnati al 15° avevano già una predisposizione genetica alla tavola: questa caratteristica in Cerantonio si scoprì fin dal primo giorno di assegnazione, esaltando doti personali di “zitto e mangia”.

Come faccio a dimenticarmi di loro, ma sì i ragazzi, Iannone e Cerantonio Spa, e Fucci & Felli Srl; come faccio a dimenticarmi di Gigi Bravo, di Ceccopeppe, Vocione, Affetto Zona (sembra un nome d’arte, strano, ma è invece un eccellente ragazzo) Mimì Saldamarco (dei Saldamarco, una miriade di specialisti AM), di Leonetti, a cui Franco D’Aniello carezzava sempre la parte inferiore della guancia, che lui chiamava in partenopeo “il mascariello”, come dimenticarsi di serio Villa – detto Claudio – del quale si dicevano cose irriferibili, come quella che aveva in un cassetto segreto riviste di donne nude!!!??? (sempre Bravo); come non ricordare Samà, una specie di icona sarda; come non ricordare quanta gente è rimasta sorpresa dal nostro modo di lavorare, dai nostri metodi e soprattutto dal nostro clima di famiglia accogliente e protettiva, peraltro un poco di sana pazzia non mancava!!!.

Come dimenticarsi di Massimino Orlandi, ora fra Kasackistan ed Indcusc…
C’era Zagaglia che ora è un imprenditore aeronautico, c’era un pilota fresco operato che mostrava a tutti squarci e ferite; quando veniva al gruppo gli facevamo il verso della famiglia Adams. C’era una sorta di maniaco che tappezzava la sala “Montatori” con donne nude; c’era il piccolo grande Rega che gestiva il bar di gruppo; c’era “bublibù” che quando parlava non si capiva una mazza, c’era sierra lima, l’epico Giovanni Trotta, c’era Ciccio Sgrenci alla consolle dell’operazioni (uno di quelli che faceva “scoppiare l’allarme), c’erano tanti personaggi che forse non ricordo il nome a causa dell’età che avanza ma che hanno fornito il loro apporto umano e professionale; arrivò anche il “disaffezionato” Passarani e il “paesano” Eugenio Rovazzani, ed un certo Spath Oskar, acquistato sul mercato estero, innamorato cotto della “sora Giovanna”.

Come faccio a non ricordarmi del Carpinone che aveva appena finito la 3^ media e si apprestava ad entrare nel giro…fumò e bevve come uno grande, anche se le orecchie gli si coloravano di un rosso-spia!!!
Arrivò Ulli che aveva sempre qualche motivo, Mimmo Fanelli e Peppe (anca lù al 31° col mercato di novembre), che organizzarono un evento storico: “l’addio al celibato di Bernardini”, ragazzi che roba!!!??? Al mattino per poco non ci arrestavano!!!

C’era anche un pilota con nobilissima discendenza: Freund, che non scherzava a figli, tanto che gli consigliammo la sterilizzazione.
Al lavoro “aum, aum”, con barba e baffi finti e relativo buco nel giornale, c’era Luisito “Cirinciao”, che raccontava stranissime, lunghissime e complicatissime barzellette delle quali lui stesso rideva, noi no, mai!!!
Tra gli specialisti aleggiava una sorta di spirito che si potrebbe definire d’avanguardia, tutti erano uniti nello sforzo titanico di garantire sempre il massimo dell’efficienza.

Nessuno si risparmiava nel lavoro, ispezioni e manutenzioni ordinarie venivano fatte in tempi record; molte volte fino a notte fonda per garantire non solo la teorica efficienza, ma la sicurezza di tutti. Sotto l’egida della solidissima ditta Bettanello, Cioffi, Catini & Pattners, sono stati allevati, fioriti e consolidati, una stirpe di specialisti che per me è unica nel suo genere, non solo professionalmente, ma affettivamente; gente del 15° che è entrata a pieno titolo, nella top ten degli Uomini con la U maiuscola.

Abbiamo tenuto a battesimo molti uomini, piloti e specialisti e fra, questi, un giovane pilota in grande crisi esistenziale che battezzammo da subito come “O picuozz”, ovvero la pantomima di un frate ingenuo e buono. Volete sapere com’è andata a finire? oggi è Fra Enrico Matta, frate francescano al quale testimoniammo con la presenza di una folta schiera con famiglie, il nostro affetto quando prese i voti.
Gigi Bravo che non perdeva occasione di essere il ragazzo di sempre, nato e cresciuto col mitico soccorso aereo; un giorno atterrarono all’Ospedale San Camillo di Roma e si fece loro incontro un tizio con una tuta da volo tutta nera e stivaletti con punta e tacco alto, un pilota dell’eliambulanza regionale che disse mimando con le mani: “la prossima volta dovete atterrare osservando questa direzione, perché……
Gigi non gli fece finire la frase: “a zorro, noi atterramo come c’è pare”.
Siamo arrivati dovunque e comunque; arrivavamo dove altri pensavano di arrivare e non arrivavano mai; era un nostro punto di forza, una consapevolezza che si acquisisce con la stima e la fiducia negli altri, nei compagni di volo.

Una sicurezza, una fiducia in noi stessi, che costruimmo con ore ed ore di addestramento, di giorno e di notte, estate, inverno, per 365 giorni all’anno, festivi compresi.
C’era come una frenesia a superare i nostri limiti, a spostare sempre più in avanti il paletto del traguardo.

Abbiamo preso l’equipaggio di una nave il 1° di gennaio allo Bocche di Bonifacio in un mare da paura; abbiamo preso un neonato da una nave che stava per affondare al largo delle Sardegna, usando come culla verricellabile, la borsa gialla degli ARS; abbiamo preso un marinaio ad un passo dalla morte su di una nave container con un verricello in doppia braga da oltre 150 piedi; abbiamo trovato, soccorso e riportato a casa un marinaio polacco, naufrago di una nave che colava a picco; abbiamo accompagnata la vecchia madre di un Marines USA a morire nell’isola di Ponza da dove era emigrata; abbiamo preso tre avventurosi diportisti su una barca a vela con il mare forza otto; abbiamo girato spots televisivi; abbiamo partecipato a manifestazioni nazionali ed internazionali, siamo diventati la migliore propaganda per l’Aeronautica Militare, le mura di tutti gli uffici AM, nei calendari; tutto fu tappezzato da elicotteri del soccorso; abbiamo conquistato e tenuto stretto, il posto che competeva allo Stormo ed alla sua Gente. E pensare che prima non c’eravamo!!!
Un equipaggio di un SH3D di Sarzana, in missione presso di noi, fu ospitato a cena per vari giorni; gli equipaggi si scambiavano la consegna di ospitare i fratelli carnali della Marina.
Ricevemmo visite importanti, tutti erano interessati a noi, giornali e tv, piccoli e grandi; ricevevamo le scolaresche, le visite di altri Reparti, sembravano tutti interessati a noi, era bellissimo.

Molti equipaggi hanno ricevuto encomi solenni per eventi di soccorso reali ed il nostro 15° ha ricevuto più volte il premio per il miglior Reparto di volo.
Mario Russo, beetwin, si organizzava nella nuova sala equipaggi del gruppo e faceva il suo ormai celeberrimo “cane al sugo”; unico neo c’era sempre da pagare la bombola!!! E poi gli schizzi del sugo arrivavano al soffitto…mahh??
A pranzo si partiva in otto, l’equipaggio d’allarme, e si finiva in quarantotto.
Il bello era che quando tutto era pronto…”scoppiava l’allarme” e il povero equipaggio andava in volo, osservando la dieta canonica.
Facemmo i corsi di “Assistente dell’aria” alle Crocerossine, una nota di colore che mancava, fummo però fattivi e seri nel nostro compito; le abilitammo alla discese con il verricello su terra ed a muoversi come soldatesse a bordo.
Provammo anche a farle “montare d’allarme”, ma qualche superiora mangiò la foglia.
l 1° corso durante il volo di ambientamento, Gigino Ancora e Pilly Pilone, a turno, ne volevano una sempre in mezzo ai due piloti ed io gli mandavo sempre la più racchia!! Gigino con l’interfono disse: uagliùù, a facimmo furnut?!?”
I nostri medici ed i nostri infermieri furono davvero integrati nell’esercizio professionale di bordo e diedero il loro altissimo contributo all’operazione.
Con i medici e gli infermieri che di erano solito confinati nell’Infermeria, nacque un solido feeling, che ci siamo ritrovati durante le operazioni in Somalia, il loro contributo fu prezioso in molte circostanze, nonostante la presenza di “Doc Alpitur” come dimenticarlo.
Manzo Manzoni, intanto mangiava sempre gnocchi alla sorrentina e beveva la coca cola insieme a Votantonio Berardo.

 


​​L’Operazione “Restore Hope

Era in preparazione la trasferta somala; nel ’94 partì il primo nucleo di uomini e mezzi, con alla testa il capo Massetti.
Dopo un breve periodo di assestamento, in Somalia costruimmo un vero reparto di volo, in ogni sua componente, serio ed affidabile; anche qui trapiantammo la nostra voglia di stare sempre insieme in un villaggio di tende di una piccola altura nell’aeroporto di Mogadiscio, con una nostra struttura interna, la tenda del Comando, quella delle operazioni, la tenda piloti, quella Ars, infermieri ed infermeria ed un tavolo con panche che prendemmo – “in prestito” – presso gli alleati USA, docce, lavandini, bagni ed una buona riserva d’acqua.

In quella terra martorizzata dai venti di guerra, siamo stati una parte preponderante, abbiamo portato soccorso in luoghi impensabili, raggiungendo villaggi che sembravano essere fermi nel paleozoico inferiore.
Abbiamo coltivata e trapiantata in quella terra magnifica ed in quel mare minaccioso, la speranza e la fratellanza; medici ed infermieri hanno curato migliaia di persone; abbiamo soccorso con l’elicottero bambini, donne ed anziani, ri-stabilendo con la popolazione l’antico legame che spero ancora possa restare vivo.
I piloti si sono orientati dovunque, riuscendo a portare a termine ogni soccorso; i mitraglieri raccoglievano rametti di alberelli dalle canne delle armi, perché si volava ad altezza d’uomo; gli specialisti hanno tenuto una efficienza che faceva invidia a tutti; gli ARS non avrebbero esitato un attimo dal difendere i mezzi e gli uomini e dovevano sempre tenere a bada qualcuno che giocava un pò troppo con le armi.
Una notte ci fu un increscioso episodio qui non menzionabile; ci fu un ingresso notturno indesiderato nella tenda aerosoccorritori; uno di noi si accorse della presenza dell’intruso e diede l’allarme inseguendo il tizio fuori della tenda; fu scambiato per un attacco e gli ARS si armarono con pallottola in canna dando la caccia all’intruso.
Ci fu un momento di grave tensione perché il tizio era passato anche per la tenda piloti e deducemmo il fatto come un vero attacco terroristico. Strisciando fra la sabbia arrivammo tra i letti dei piloti che fortunatamente dormivano e non si erano accorti di nulla. Piantonammo la tenda ed anche quella del Comandante del Distaccamento e finchè non riuscimmo a venirne a capo, nessuno di noi ARS chiuse un occhio.

Recuperammo due militari USA su di una camera d’aria al largo di Mogadiscio, in una mare dove la presenza degli squali è cosa di ogni momento e l’equipaggio ricevette una decorazione di “ben fatto” dai militari USA.
All’operazione di allarme, decollo e recupero, fu testimone gran parte degli uomini dell’operazione “Restore Hope”; tutto si svolse e si concluse in pochi minuti, figuratevi l’ammirazione degli alleati, tutti ci fecero i complimenti.
La Somalia è stata per lo Stormo una grande esperienza, perché molti dei Comandanti di quel Distaccamento erano di altri Stormi; noi siamo riusciti ad integrarci alla perfezione con le loro modalità, suscitando il loro plauso e la loro ammirazione.
Un perfetto “Social Forum” e un connubio aeronautico perfetto tra il 15° e la 46ª.
Avevamo, anche lì, il nostro punto di ritrovo culturale, il tavolo “ex USA” che alla sera si animava con spaghetti, formaggi, pesce, frutta; una grande brace ed un forno, tutto in modo autoctono ed artigianale, costruiti da noi; nessuno toccava cibo finchè non era rientrato l’ultimo equipaggio. Un’esperienza esaltante da molti punti di vista.

Quando un equipaggio di altri gruppi, da Rimini e da Trapani, sostavano a Ciampino, trovavano accoglienza, calore, legame di colleganza, restavano a pranzo o a cena con noi ed erano sempre accolti con il calore con cui si accoglie un fratello o un amico.

A Ciampino riuscimmo a costituire un Centro d’addestramento unico, con lo scopo di integrare uomini e mezzi con le stesse procedure: uomini e mezzi potevano cambiare e mischiarsi tra loro, con l’effetto professionale che era sempre su livelli altissimi.

In Somalia esaltammo quelle esperienze di equipaggi misti e di macchine provenienti da questo o quel gruppo, senza peraltro accorgersi di nessun cambiamento, perché sapevamo trasferire senza fatica o strategia, ma in modo naturale e sentito, il nostro stare al mondo.

Non a caso i Comandanti del Distaccamento di Mogadiscio – della 46^ A/B – erano sempre con noi, attenti alle nostre iniziative, partecipi sia alla nostra attività di volo, che alle nostre intemperanze; legammo con loro e loro legarono con noi; persone di estrazione professionale e militare diverse, si sono ritrovati a vivere la comune esperienza in modo civile, moderno ed esemplare.

Un rapporto affettivo ed emotivo che ancora lega molti di noi con loro.
Ma prima c’eravamo molto addestrati, c’eravamo preparati a lungo e con meticolosità, cercavamo sempre e comunque di integrarci con tutti gli uomini del 15°; facemmo la conoscenza con i visori notturni, con le armi e con compiti fino ad allora per noi agli antipodi. Sperimentammo la mitragliatrice, facemmo esercitazioni di giorno e principalmente di notte, come se avessimo saputo che un giorno non lontano saremmo stati chiamati al compito “Combat”.

Preparammo speciali addestramenti, fornimmo una direttiva d’impiego e di addestramento, modificammo le macchine e preparammo una nuova generazione di equipaggi: ci ri-costruimmo; con il compianto amico fraterno Aldo Iacoella (semo gente de borgata) lavorammo sulle direttive d’impiego e di addestramento, facemmo gli esami di pronto impiego e sperimentammo un sacco di belle cose, i visori, le armi, i caschi, le protezioni, ecc.. La nostra inventiva ci aiutò molto, considerati i mezzi finanziari che avevamo a disposizione: due lire!! Poi la Somalia, oh la Somalia, che posto.

Personalmente sono molto legato a quell’esperienza, non solo per la natura avventurosa della cosa, quanto per l’opportunità di esserci veramente dentro e non essere marginalmente impiegati. Siamo andati con entusiasmo, anche un poco senza capire a fondo, “facendoci le ossa” per i futuri e probabili compiti dello Stormo. Intorno al nostro tavolo, prestato ma ormai acquisito per enfiteusi, si sono seduti un poco tutti quelli che presero parte a quell’esperienza, giovani e meno giovani, Comandanti “importati” come quelli della 46ª, invitati e non, ma che da noi hanno trovato quello che in fondo tutti cercano, integrarsi con gli altri.
Certo c’è stata qualche “fetecchia”, chi veniva in Somalia per estrazione, quelli che venivano a prendere il sole, ma dopo poco tutti si adeguavano al nostro modo di essere e di divenire. C’era un tale, tutto tronfio, alto e legnoso che voleva fare il Combat, domandando spudoratamente al Comandante: “quando comincio?”
Il capo gli rispose: …”anvedi questo!!??
Abbiamo anche però avuto la fortuna di lavorare con persone del ramo amministrativo che si rivelarono preziose; abbiamo avuto la fortuna di sfruttare le potenzialità di autisti, di armieri e di tanto altro personale di cui non si può disconoscere competenza, professionalità e spirito di sacrificio.

Generale Bruno Loi

Abbiamo avuto al nostro tavolo l’onore di ricevere il capo in testa, un generale di grande signorilità che mostrava per noi un affetto un poco viscerale, tanto da suscitare qualche chiacchiera fuori luogo, parlo del Generale Loi, una persona ed un militare veramente speciale.
Ogni volta che veniva al campo, gli dedicavamo sempre un “Mammaiut”; i suoi occhi luccicavano come le stelle della notte equatoriale, veniva per mangiare una pizza ma in realtà sentiva profondamente il legame con noi.

Andammo a prendere i feriti della terribile battaglia tra i miliziani di Aidid ed i pakistani allo stadio di Mogadiscio; li portammo in volo presso l’ospedale degli svedesi con un volo da manuale e con una procedura di sicurezza che fu un’operazione da veri professionisti. Facemmo la scorta in volo; atterrammo molte volte nel deserto di Jalalaxi, dove stringemmo amicizia con i bambini del villaggio.
Ho una foto che ancora mi strappa l’emozione dal profondo: sto dando da mangiare ai bambini, sfortunati esseri umani che vivono in una condizione di miseria inaudita.

Episodi che ti scavano dentro, che creano buchi nell’anima, che fanno sorgere mille domande senza risposte adeguate. Come ebbe a dire Gianmario Generosi nel secondo volume di “Nec in somno quies”, forse era quella la vera motivazione che ci spingeva e non aveva torto.

In quella missione somala, noi Aerosoccorritori, abbiamo avuto l’opportunità di vivere in un segmento di vita che offre davvero l’occasione di forgiare i successori: Cavallaro, “Piscitiello” Scrimo , Memoli, l’albanese Sementilli, Sorvillo, Stefanelli ed il “trucido” Ettore Quaresima, furono il nostro futuro; ci siamo rispecchiati in loro ed avemmo la consapevolezza della discendenza; furono precisi, protettivi, partecipativi ed attivi come volevamo noi e come siamo certi continueranno ad essere.
In quel distaccamento le visite si seguivano l’un l’altra, venivano un poco tutti e tutti sono stati ospitati da noi del 15°, ma eravamo particolarmente felici quando veniva uno dei nostri, il “Capo” Barale, l’infaticabile Di Lorenzo e Cuccu in veste di corrispondente di guerra. Ci facevano anche delle interviste, ma il nostro fischio “Fiù, fifiiùù” apriva e chiudeva ogni incontro, ufficiale o non: non potevamo smentirci!!!
Qualche volta veniva un “turista fai da te” ma le nostre braccia erano sempre aperte.
Ma, lasciamo la Somalia e torniamo un poco indietro.

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