La parola al Pellicano

– di F. Russo –

   Di fronte alla sua grande opera, nel domandare “Perché non parli?”, per sfogare la sua frustrazione il sommo Michelangelo sferzò un rabbioso colpo di martello sul ginocchio del povero Mosè. Ora, al fine di prevenire eventuali gesti inconsulti che rischierebbero di danneggiare ciò che nessuno più si limita a considerare un mero “pezzo di ferro”, diamo voce al protagonista, parla, finalmente, l’HH-3F…

“Ecco qui, finalmente mi è stata donata la parola. Per tanto tempo sono state le gesta mie e dei miei compagni d’avventura a raccontarmi, ma ora che più non girano le pale e cessato è il rombo dei motori, ho la facoltà di presentarmi: sono io, il Pellicano!
…Come “Chi?”!!! Avete presente quell’elicottero grande…no, no, non quello con due rotori…orbene, sì, anch’io ne ho due, ma quello a cui vi riferite li ha entrambi sul piano orizzontale, grandi e controrotanti. Io sono vecchia maniera, con un rotore principale pentapala completamente articolato (che ruota nel verso giusto, mica come quegli snob dei francesi o dei russi che girano al contrario) e un rotorino anticoppia spingente…
Quello del Papa dite?? No, no, cioè… sì sì, tante volte ho avuto il piacere e l’onore di trasportare il Santo Padre, ma quello è il mestiere favorito di un mio parente stretto, la “balena bianca”… Anche lui, dopo una lunga e prestigiosa carriera, è andato a riposare, ma quella è un’altra storia, che certo non è avvincente quanto la mia…!!

Sì, finalmente ci siete: l’elicottero col nasone!

Già, Nasone potrebbe essere il mio secondo nome, per quante volte sono stato così appellato e per le innumerevoli spiegazioni richieste sulla ragione di questa strana protuberanza nera sul muso. In effetti, nelle fiere e mostre dove ogni tanto mi pavoneggiavo (anzi, pellicaneggiavo: anche noi siamo volatili a nostro modo vanitosi, non tanto fieri della nostra bellezza quanto del nostro lavoro), all’immancabile domanda: “Ma a che serve quel nasone?”, spesso i miei fidi “accompagnatori”, sfiniti dal ripetere spiegazioni tecniche sul mio bravo radar meteo e di ricerca, rispondevano:
“Proprio a ciò che serve un naso: a fiutare, come un cane da caccia (se ci pensate ho fatto anche quello di ruolo, la caccia: come altro definireste voi l’attività SMI ?), per trovare le persone che hanno bisogno di aiuto”.
E sì, questo è sempre stato il mio compito primario, la mia vocazione, la mia missione: cercare e salvare vite umane. In un acronimo: il SAR!

A questo punto potete rendervi conto di come il nome “Pelican” mi calza a pennello. Come l’omonimo pennuto, sono un forte volatore. Pensate: i miei due turbomotori da 1.500 SHP ognuno mi consentono una velocità massima di 142 nodi e un’autonomia di oltre 700 miglia nautiche, o di 8 ore; posso imbarcare, oltre l’equipaggio, 15 barellati oppure 26 passeggeri seduti; in operazioni di recupero posso trarre in salvo 6 persone restando in hovering 20 minuti entro un raggio di 200 miglia nautiche dalla base.

Certo, anch’io non mi trovo perfettamente a mio agio in montagna. Se a pieno carico, posso arrivare a una quota massima di poco superiore i 10.000 piedi.
Dopotutto, è evidente che sono ottimizzato per il mare. Come sapete, noi Pellicani siamo anfibi. Possiamo ammarare, flottare e montare una piattaforma laterale mobile, se questo è utile a salvare qualcuno (fino a mare forza 4, altrimenti uso il mio capace e sicuro verricello). Questa è una caratteristica unica e suggestiva che, come alcune altre (ad esempio la possibilità di avviarmi per mezzo della sola batteria di bordo in caso di APU inoperativa; la funzione di kneel , utile ad ampliare la luce di carico della mia rampa posteriore; ecc.) ho portato via con me, senza essere ripresa dai miei sostituti…

Ma, si sa, le esigenze cambiano, e per soddisfarle devono al contempo mutare i mezzi in un continuo divenire. Io non ho fatto eccezione.
Non parliamo del mio aspetto esteriore, che merita di essere trattato a parte (certo è che, quando migrai nel Bel Paese, coi pellicani pennuti condividevo anche i colori!), ma di tutti quelle modifiche e aggiunte di ammennicoli vari che, di volta in volta, ho saputo ricevere per conformarmi a fare ciò a cui in quel periodo ero destinato.
E così, partendo da una già ricca dotazione iniziale di equipaggiamenti che mi vedeva fornito di zattere, barelle e ceste verricellabili, ganci baricentrici con reti trasporto carichi e benne antincendio, ho nel tempo adottato una miriade di equipaggiamenti ed apparati vari, quali ad esempio: attacchi e funi per la discesa rapida, lanciatori C&F con sistemi di rilevamento automatico delle minacce, dispositivi per la visione notturna, mitragliatrici, ecc. ecc. ecc. Persino collari di galleggiamento aggiuntivi e pattini da neve!
Senza timore di essere smentito, posso dire che da quel lontano 1977 ne ho fatta di strada. Le mie capacità si sono ampliate ed evolute per fornire un servizio sempre più efficace.
Sono soddisfatto di ciò che ho compiuto, ma ora che non volo più mi rendo conto di quanto mi manca l’operare, il librarmi nell’aria per andare a portare aiuto al prossimo.

Ho visto cose…bah, panta rei.
E’ tempo di scivolare d’ala e cedere il passo al nuovo che avanza, a cui auguro le migliori fortune.
Però, con un pizzico di narcisismo, mi farà piacere sapere che, in fondo in fondo, anch’io un pochino mancherò a voi tutti.

Amichevolmente vostro,
il “Pellicano

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