Sierra Lima, Sierra Lima da Onda 1”.
“Avanti, Onda 1”.
“É scoppiato l’allarme”
La celebre terminologia utilizzata dal uno dei più famosi operatori BOC del 15°, (la cui pronuncia strisciata delle lettere “sc” ne stabilivano immediatamente l’origine campana) fa figurare in mente un evento disastroso, come l’esplosione di una bombola del gas o di una bomba. In effetti quale altro frase sarebbe riuscita a descrivere meglio gli eventi che nel giro di pochi secondi accadevano dopo la ricezione della telefonata da parte dell’RSC con la chiamata di “ESECUTIVO”?
Infatti, spesso, l’Esecutivo capitava, proprio come una bomba, nei momenti più inaspettati della tua giornata, in specie quando, senza i telefoni cellulari, eri reperibile o con una radio Motorola o il Teledrin della SIP. L’adrenalina allora schizzava su come quando si è sorpresi da un rumore inaspettato, ed interrompevi qualsiasi cosa stessi facendo per andare a prendere il casco e la borsa di navigazione. Anche se non avevi udito la campanella dall’allarme, non potevi non sentire l’equipaggio che correva giù per gli scalini metallici della scala interna dell’hangar ed i cui passi lo facevano tremare tutto.
E così, anche quella notte si ripeté la medesima scena e nel giro di pochi minuti ero già a bordo dell’HH con l’APU accesa a “copiare i dati della missione” via radio. Si trattava di prelevare una donna in Imminente Pericolo di Vita dal campo sportivo di Sora e trasportarla presso l’ospedale di Macerata. Il tempo non era dei migliori e non mi aspettavo di ricevere alcun task, tantomeno proprio quello che già dalla mattinata era stato “preallertato” ma per il quale, proprio per le avverse condizioni meteo, ne era stata negata la fattibilità.
Sapevo che c’erano temporali sparsi e, soprattutto, tanta nebbia che avrebbe reso difficile la localizzazione del luogo di atterraggio, in specie di notte. Ma il pensiero di quella donna, che da oltre 12 ore cercava un posto in ospedale, mi cancellò ogni esitazione:
“Andiamo. A Sora ci arriviamo di sicuro (ndr: conoscevo benissimo la zona in virtù della mia esperienza di volo come istruttore a Frosinone). Male che vada, dopo il decollo da Sora chiediamo un inserimento IFR e coordiniamo il trasporto fino all’aeroporto più vicino, Ancona Falconara”.
Il punto di atterraggio, sul campo di calcio di Sora, era illuminato dai fari di 4 autovetture poste sui corner e fui costretto a pianificare un atterraggio ripido non avendo la possibilità di vedere gli eventuali ostacoli nei dintorni.
Il successivo decollo, dopo aver imbarcato la paziente ed un’accompagnatrice (la figlia) avvenne non senza difficoltà. Mi accorsi del problema solo perché, “a naso”, non mi convinceva la prua che il mio copilota mi aveva fornito:
“Mhh… non è possibile ….. sei proprio sicuro?” – gli chiesi
“Certo”
“Guarda che non mi convince”
“Ma io ho la carta in mano e la mia gyro dice che devi andare a sinistra per 135”
“No, no…. Non è possibile….Se proseguiamo così sbattiamo contro questa parete” – gli dissi puntando il dito sulla su carta di navigazione.
“Comandante, ti dico che sono sicuro!!!”
“Aspetta una attimo” – gli dissi iniziando a fare una virata di 360° destra e vedendo, sott’occhio, la sua espressione indispettita per la mancanza di fiducia dimostrata.
“Guarda la tua gyro. Che valore indica?” – gli chiesi
“Cavolo!!! E’ bloccata!” – rispose.
Rimessi i breakers “dentro”, iniziammo la navigazione quando, dopo 20 minuti, l’Aiutante di Sanità mi chiamò per interfono:
“Capo! Quanto tempo ci vuole?”
“Una quarantina di minuti”
“Quaranta minuti? Guarda che questa non ce la fa!”
“Ma come non ce la fa? É da stamattina che cercano un posto in ospedale e non resiste altri quaranta minuti” – risposi.
“Capo. Qui la situazione sta precipitando. Ha rallentato il battito cardiaco e respira a fatica: ho appena detto alla figlia che noi stiamo facendo il possibile ma che ci hanno chiamato troppo tardi”.
“OK. Vado il più veloce possibile. Intanto contatto l’RSC per informarlo della situazione ed avere la conferma che tutti i coordinamenti per l’atterraggio in l’ospedale siano stati realizzati”.
“Albanè! Questa non ce le fa, non ce la fa!!…. Ma quanto ci vuole ancora?”
“Dai, falla resistere; mancano solo 15 minuti, dai, dai…”
“Capo. Mi dispiace. E’ morta. L’ho già detto alla figlia”
Ricordo quello come uno dei momenti più tristi della mia vita.
“Capo” – mi disse uno specialista – “Torniamo a Sora e vediamo se l’ambulanza è ancora là, così ci mettiamo d’accordo con l’autista…”
“Non se ne parla proprio”- lo interruppi.
“Proseguiamo la missione ma, non essendoci più l’urgenza, saliamo di quota, avvisiamo l’RSC e ci dirigiamo sull’aeroporto di Falconara”.
Macerata era comunque sulla rotta e, pertanto, decisi ugualmente di effettuare un sorvolo del luogo previsto dal task. Man mano che mi avvicinavo mi rendevo conto che le condizioni di visibilità degradavano costantemente tant’è che giunti sulle coordinate previste, la nebbia ricopriva il tutto e, anche se avessi voluto, sarebbe stato impossibile atterrare.
“Cosa avrei fatto se con la paziente ancora viva ma in fin di vita mi fossi accorto solo ora che il luogo di atterraggio era inutilizzabile? E se poi la paziente fosse morta dopo il fallito tentativo di atterraggio all’ospedale ma prima di quello su Falconara?”
Quando, giunti a Falconara, spensi i motori, il mio primo pensiero ed attenzione fù rivolto alla figlia della signora.
“Mi dispiace molto” – furono le uniche parole che riuscii a profferirle.
“Grazie. Capisco che voi avete fatto di tutto. Grazie”
Dopo circa un’ora, un carro funebre accompagnato da una lettera autorizzativa del magistrato, prelevava la salma e noi, qualche minuto dopo, eravamo già in volo di rientro per Ciampino.
Nessuno parlava.
Il cielo era stellato.
Ma quella sera nel cielo c’era una stella in più.
Antonio Albanese