Dal paesaggio della paura allo spazio dell’incontro: luoghi, memorie e resilienza (di Roberto Isabella)

Pubblichiamo con grande piacere un articolo del Dottor Roberto Isabella, nostro Socio ed ex Medico AM che prende spunto da un’esperienza personale forte – fortunatamente senza vittime – che lo ha visto coinvolto come medico di bordo di un elicottero HH-3F del 15° Stormo.

Credo che, come me, molti di noi ci si ritroveranno, ricordando le sensazioni vissute durante un’emergenza in volo o una situazione operativa difficile e pericolosa. Esperienze che però non sono esclusive dell’attività di volo ma che possono essere vissute nella nostra vita quotidiana quando ti mette di fronte ad una situazione imprevista e di pericolo.

Buona lettura.

Un giorno, durante un volo addestrativo in montagna con un elicottero HH3F del 15° Stormo, ho vissuto un incidente che ha segnato profondamente la mia memoria emotiva. Ricordo con chiarezza quei lunghi, interminabili momenti prima dell’impatto: sotto di noi si stagliava una montagna coperta di boschi, alberi e pendii erbosi. In quel momento di crisi estrema, ogni elemento del paesaggio si era trasformato. Non erano più semplicemente alberi o rocce; erano divenuti minacce, punti d’impatto possibili, oggetti di pericolo imminente.
Ripensando oggi a quell’esperienza, non posso fare a meno di ricordare Kurt Lewin e il suo breve scritto “Paesaggio di guerra”, elaborato durante una breve licenza nel 1917 nel corso della Prima Guerra Mondiale, in cui l’autore ha preso parte ai combattimenti. Lewin sottolinea come, durante un conflitto, gli elementi naturali perdano la loro neutralità: gli alberi, i campi, le case non sono più semplici presenze fisiche, ma si caricano di un significato che li rende strumenti o ostacoli nel teatro della guerra. Allo stesso modo, nel corso di quell’incidente aereo, lo spazio che solitamente sarebbe stato fonte di pace e serenità diventava in pochi istanti un luogo carico di angoscia e paura.
La teoria del campo di Kurt Lewin, pioniere della psicologia di matrice gestaltica, ampliò l’attenzione ai processi percettivi includendo i fenomeni sociali e di gruppo. La sua celebre teoria del campo descrive come la percezione di uno stesso ambiente possa variare radicalmente a seconda dell’individuo, del suo stato d’animo e della situazione contingente. Lewin prendeva l’esempio di un campo di fiori d’estate: per un passeggiatore domenicale, quei fiori e lo spazio circostante rappresentano un’esperienza estetica e di contemplazione, mentre per un soldato lo stesso campo diventa un potenziale teatro di battaglia, e la percezione dello spazio si restringe attorno all’unico cespuglio che può offrire riparo.
Questi concetti arricchiscono la nostra comprensione di come, in condizioni di emergenza, il contesto sociale e il supporto del gruppo possano ridefinire il “campo” psichico, favorendo coesione, resilienza e adattamento.

I concetti descritti sono alla base del CRM – Crew Resource Management che nella gestione della emergenza del nostro incidente di volo è stata condotta con saggezza, prudenza ed efficienza.

Questa trasformazione del paesaggio non è solo fisica, ma profondamente psichica. Gaston Bachelard, nella sua celebre opera “La poetica dello spazio”, esplora proprio questa relazione tra spazio fisico e spazio psichico. Per Bachelard, lo spazio che ci circonda è sempre investito di emozioni, di memorie e di sogni. Un luogo non è mai solo un luogo; è il riflesso della nostra anima.
Egli scrive infatti: “Lo spazio colto dall’immaginazione non può restare spazio indifferente. È vissuto. E non è vissuto soltanto nella sua positività, ma con tutte le parzialità dell’immaginazione”.
Ritornando al luogo dell’incidente, immediatamente dopo essere sopravvissuti all’impatto, lo scenario cambiò radicalmente. Quegli stessi alberi, quei prati, quelle rocce tornarono rapidamente a essere un’oasi di pace, luoghi di protezione e di conforto. La gente del paese, accorsa per aiutarci e confortarci in attesa dei soccorsi, arricchì il luogo con il calore della solidarietà e dell’amicizia umana. Ricordo chiaramente il sorriso e la gentilezza di quelle persone che, inconsapevoli dell’importanza del loro gesto, trasformarono l’angoscia appena vissuta in un momento di
condivisione e umanità profonda.
Questa duplice valenza dei luoghi mi fa pensare anche alle riflessioni di Martin Heidegger, che nel suo saggio “Costruire abitare pensare” sostiene come abitare non significhi semplicemente occupare uno spazio, ma viverlo, dargli senso, stabilire con esso un rapporto profondo e significativo. Per Heidegger, “abitare è il modo in cui gli uomini sono sulla terra.”

Nel corso dell’incidente, in effetti, il nostro abitare quello spazio fu drasticamente alterato dalla minaccia della morte, per poi recuperare un senso più profondo e autentico dopo il pericolo scampato.
In campo psicologico e clinico, possiamo osservare qualcosa di simile nell’esperienza dei pazienti che soffrono di attacchi di panico. Penso in particolare a coloro che provano angoscia nell’affrontare un’autostrada: per essi, un tratto di strada apparentemente neutro e quotidiano può improvvisamente caricarsi di terrore, ansia, disperazione. La parola stessa “autostrada” assume valenze persecutorie.
Eppure, grazie al trattamento psicoanalitico, quegli stessi luoghi possono tornare a essere vissuti con serenità e persino con piacere. La strada smette di essere trappola per tornare a essere luogo di libertà, di velocità serena, di un viaggio piacevole che può nuovamente essere goduto senza più paura.
Questo processo di trasformazione non è mai semplice né immediato. Richiede tempo, pazienza e un delicato lavoro di elaborazione delle proprie emozioni. Freud stesso ci ricorda come la realtà che viviamo non sia semplicemente data, ma continuamente costruita e ricostruita attraverso i filtri della nostra mente. Jacques Lacan parla della realtà simbolica e immaginaria che governa le nostre percezioni e interazioni con il mondo esterno, definendo gli spazi psichici come cruciali nel determinare il nostro modo di vivere gli spazi fisici.
Anche Donald Winnicott sottolinea come il nostro senso di sicurezza e di angoscia dipenda fortemente dallo spazio psichico che riusciamo a creare dentro di noi, riflettendosi inevitabilmente nella nostra percezione del mondo circostante. I luoghi che abitiamo sono sempre intrisi della qualità emotiva e psicologica della nostra esperienza interiore.
Così, proprio come accadde a noi quel giorno, la paura non cancella la possibilità di trasformare radicalmente il nostro rapporto con i luoghi, facendoli tornare a essere spazi sicuri e abitabili. Ed è forse questa la lezione più importante: l’uomo ha la capacità straordinaria di trasformare gli spazi del trauma e della paura in luoghi di vita, memoria condivisa e resilienza collettiva.
Noi veterani del 15° Stormo conosciamo bene questo processo. Il nostro spirito di corpo, la solidarietà reciproca e il sostegno delle comunità locali che tante volte ci hanno accolto, sono il motore di questa straordinaria trasformazione. Attraverso la memoria condivisa, possiamo abitare nuovamente anche i luoghi del trauma, facendo di essi spazi di incontro, amicizia e speranza.

Riferimenti bibliografici

  • Bachelard, G. (1957). La poetica dello spazio. Cortina Editore.
  • Freud, S. (1920). Al di là del principio di piacere. Internationaler Psychoanalytischer Verlag.
  • Heidegger, M. (1951). Bauen Wohnen Denken (Costruire abitare pensare). Niemeyer.
  • Lacan, J. (1953-1954). Le Seminaire, Livre II: Le Moi dans la théorie de Freud et dans la technique de la psychanalyse. Éditions du Seuil.
  • Lacan, J. (1971). Écrits: A Selection. W. W. Norton & Company.
  • Lewin, K. (1943). Frontiers in Group Dynamics: II. Channels of Group Life; Social Planning and Action Research. Human Relations, 1(2), 143–153. [Trad. it. Paesaggio di guerra].
  • Rivista SV (1989) – Sicurezza del Volo n.154, p.2 – Anatomia di un incidente – Istituto Superiore per la Sicurezza del Volo – Aeronautica Militare – Ministero della Difesa.
  • Tuan, Y.-F. (1977). Space and Place: The Perspective of Experience. University of Minnesota Press.
  • Winnicott, D. W. (1971). Playing and Reality. Tavistock.
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