Historia de un amor – 2

2.1     L’abbondante  nevicata in Calabria…

 Poi l’abbondante nevicata in Calabria, con un elicottero ed equipaggio messo a disposizione della comunità, fummo solidali e fattivi anche in quel difficile compito. E anche in quel frangente – sempre between – Zeppieri Airlines provvedeva al cambio equipaggio con tonneau, virate, schneider, usando come secondo pilota il malcapitato ARS di turno ed io ne so qualcosa con Ciccio Sgrenci e Mimì Saldamarco.

Ricevemmo la visita del Capo di SMA che rese così testimonianza di gratitudine e di attenzione della Forza Armata e del Paese tutto.
Insomma, ci facemmo conoscere come veri professori; un grande Reparto con uomini, iniziative, coraggio e soprattutto acquisendo sempre più professionalità, avendo una spinta interiore che ottimizzava sempre il rapporto tra gli uomini e le macchine, totalizzando un numero impressionante di ore di volo.
Al passaggio di consegne, al Comandante-macchiettista fu tributato una vera ovazione, il ghereghez, il mammaiut e nacque il fischio finale: Fiù Firifiùù, edizione Mimì Pessolano.

 

2.2     La nostra Bandiera, il nostro 15° e la sua Gente… per gli Altri

La nostra bandiera fu decorata con Medaglia d’argento al Valor Aeronautico. Non nacque tutto per caso, era il miracolo della motivazione e dell’autostima, uomini uniti e disponibili, intorno al comune obiettivo di “essere e divenire”, come si dice: c’era la giusta atmosfera.
Non è fuori luogo dire che già ci volevano un gran bene perché già si sentiva che il 15° stava rifondando una nuova stirpe; si cominciava a vedere il risultato. Mi sia consentito un “assist” negli affetti.

Il nucleo Aerosoccorritori ancora esisteva; ante crisi dell’indennità fissa mensile che oggi tutti gli ARS percepiscono; era una specie di punto focale, dove tutti facevano riferimento; c’era il capo Franco D’Aniello del quartiere Sanità, Albertone Mori da Civitavecchia, Fefè Morra (o’cinese, con creatura al traino), Fusco (Moscè) che si diceva di Bergam ma era di Santa Maria Capua Vetere; Mario Russo indigeno partenopeo (o’ rammariello), Sergio “Pippy” Venosa da Bracciano, Mimì Pessolano Tenore da Nocera Inferiore, Fefè Felaco “anarchico” (amico del cinese), Salvatore Nuvoli (USAC: unione sardi a Ciampino), Gino Petrucci da San Giovanni in Carico (o’cafone) e, dulcis in fundo, Totonno Toscano, cresciuto con le polpette della nonna (il potatore).
Un consesso speciale, con una organizzazione interna che poteva sembrare anarchica, vista la chioma di Fefè Felaco o gli stivaloni di Franco D’Aniello; non c’era un atteggiamento gerarchico preciso, ma una sorta di campus dove si respirava un’aria scanzonata, che si attivava professionalmente ad un piccolo cenno.

Ovviamente la lingua ufficiale era il partenopeo, con qualche digressione di Albertone Mori, che era l’uomo del nord: Civitavecchia!! Franco D’Aniello era quello che si erigeva a difensore della nobile causa e chiedeva sempre all’interlocutore, con scampanellamento della mano destra: “vuoie avite rispettà e ruoli…”, quando arrivavano le richieste di impiegare questo o quell’ARS, ora in operazioni, ora in segreteria, ora all’ufficio voli, dove si destreggiava Mimì Pessolano, scrivendo s.orsola, invece di Santorsola, ma sì quello che andò a prendere le misure del ponte dell’EUR per far passare sotto l’elicottero in floating ((In previsione di una manifestazione aerea sul laghetto dell’EUR (foto a pag. 67 “HH-3F PELICAN 37 anni di soccorso aereo dal cielo”) era intendimento effettuare un floating transitando sotto il ponte per cui Santorsola fu inviato a prendere la misura dell’altezza del ponte per verificare che l’HH3F potesse “passarci sotto”. La leggenda racconta che il Santorsola prendesse la misura dal ciglio della strada all’acqua del laghetto non vedendo che al di sotto della strada era presente un bordo nascosto che riduceva la luce del ponte. La circostanza fu notata nel corso della manifestazione aerea e l’idea del transito sotto il ponte fu, conseguentemente, annullata)).

Il coraggio, l’addestramento, l’allegria e la voglia di fare, erano il sale di questo “piccolo popolo” che si poteva scambiare benissimo per partecipanti ad un campus.

Il caso li aveva riuniti insieme ed insieme vivevano ogni circostanza di lavoro allo Stormo; avevano legato affetti e voglia di vivere, erano insieme anche quando erano in vacanza, durante un avvenimento privato come un compleanno, la nascita di un figlio ed altro; stavano insieme anche la domenica con le famiglie, era un vero gruppo di amici solidali e rispettosi; un sentimento ancora vivo e forte.

Il vino scorreva a fiumi, le cene si susseguivano con ritmo incessante, ogni occasione veniva eletta ad occasione e si sa, l’occasione fa buon sangue, amicizia quella vera, sentimento nobile ed inossidabile anche se la vita e gli anni hanno portato lontano l’uno dagli altri.

Veniva sempre chiesto a loro di tener unita la ciurma; gli equipaggi si ricavarono una sorta di sala di attesa nell’hangar, dove un tipo speciale detto “Jo La pezz” colorò le mura di un vivace rosso, usando una scopa come pennello, dal pavimento al soffitto passando per un telefono urbano. Rifacemmo il tutto.

Lo spirito che ci animava riuscì ad integrare gli equipaggi, pilota, montatore, motorista, elettromeccanico, radarista; sedevano tutti insieme ad un unico tavolo ed ognuno portava una cosa per stare insieme; poi rimediammo una piccola cucina a gas e si sbizzarrirono un poco tutti nell’essere cuochi. Uno su tutti merita menzione: Campi (il neo con acufene consolidata), che mandò tutti in infermeria per i bucatini alla soda caustica.

La campanella dell’allarme era il segnale, “scoppiava l’allarme” ((Scoppiaval’allarme:”Famosa frase di un operatore della Sala Operativa (M.llo Fasano) che, ricevuta la notizia di decollo immediato, si affrettava a contattare il Capo Equipaggio proferendo la frase: “Comandà, song Fasan, è scoppiato l’allarme” )) e ci si trovava di fronte ad una rapida trasformazione, ognuno assumeva il proprio ruolo e si partiva per ricerche che duravano tre giorni e quasi mai assistiti negli aeroporti dove si passava la notte.

Si ricominciava, si segnalavano gli accadimenti che non si potevano citare nelle relazioni operative, come la mancata assistenza logistica, le mense chiuse, l’impossibilità di uscire per poter mangiare un boccone caldo, ecc.

Nonostante tutto abbiamo sempre portato a termine tutte le missioni, superando le difficoltà di una organizzazione che era lenta ed antiquata, rispetto alle dinamiche moderne e rispetto alle civili esigenze degli equipaggi di volo.

Cominciammo a partecipare a missioni addestrative internazionali, la Display Determination; a missioni come la “mare aperto”; fu un continuo inserimento in un quadro operativo che vedeva esclusa, fino ad allora, la componente Search and Rescue.

Cominciavamo ad essere conosciuti, superando pregiudizi gratuiti, forse anche considerazioni “tradizionali” di bassa lega per il nostro lavoro e la nostra professionalità e forse qualcosa ancora resiste nonostante le “evidenze”.

Siamo riusciti ad avere due, poi tre, poi quattro gruppi, nelle basi di Ciampino, Brindisi, Rimini e Trapani, aperti ed operativi, anche loro spesso confinati in vecchie strutture dove piloti e specialisti si inventavano pittori, muratori ed idraulici.

 

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